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Ecco il secondo articolo su uno degli aspetti chiave del processo di
vendita: il linguaggio del corpo, così come sperimentato nel corso dei miei seminari di formazione tecniche vendita evoluti. Mi limiterò, in questa serie di
articoli sul linguaggio del corpo, a toccare gli argomenti meno noti,
tralasciando ciò che, generalmente, è di dominio pubblico.
In particolare, adesso desidero affrontare l’argomento relativo alle
espressioni facciali, che rappresentano uno dei più potenti
convogliatori di messaggi.
L’espressione facciale è determinata dalla posizione assunta dai muscoli
del viso. Ne abbiamo più di 80, e ciò spiega la varietà di possibili
espressioni che ognuno di noi può assumere.
Anche nel caso delle espressioni facciali, spesso è l’inconscio che la
fa da padrone. O meglio, ciò che effettivamente la persona prova in
quell’istante è spesso comunicato dall’inconscio, anche attraverso le
espressioni facciali.
Parallelamente, le persone possono anche assumere una certa espressione
come atto volontario tuttavia, siccome l’espressione rappresenta
l’effetto di una causa (emozione), le espressioni facciali sono spesso
inconsce. Inoltre, risulterebbe estremamente difficile evitare di
assumere la corrispondente espressione nel mentre che si prova
un’intensa emozione anche se, ad esempio, esistessero delle convenzioni
sociali che dovessero fortemente raccomandarlo. Se un individuo trova
repellente un altro individuo, non può evitare di assumere, almeno
brevemente, un’espressione di disgusto prima di poter tornare ad
un’espressione neutra.
Lo stretto legame tra emozioni e conseguenti espressioni facciali lavora
anche nel senso opposto: è stato osservato che assumere volontariamente
una data espressione facciale spesso causa l’emozione relativa (Dalai
Lama / Daniel Goleman: “Emozioni distruttive” – Mondadori).
Nel processo della vendita ciò è di estrema importanza: l'efficacia di
un comportamento collaborativo e di supporto al cliente può anche essere
facilitato dall’assunzione della relativa emozione facciale.
In genere, ad ogni emozione si correla una ben precisa espressione
facciale, all’interno della stessa etnia; le emozioni estreme (violenta
rabbia, felicità estrema) hanno invece manifestazioni riconoscibili
transculturalmente.
Nel nostro caso, gli aspetti sui quali mi soffermerò sono principalmente
legati al processo di vendita, e coinvolgono pertanto le reazioni più
frequenti che il venditore genera nel proprio cliente.
Dato che il viso (ed in particolare la relativa muscolatura) permette di
effettuare movimenti limitati, le varie espressioni facciali sono
generate da minuscole differenze nelle proporzioni e nelle posizioni
relative delle varie zone del viso.
Nel novero delle espressioni facciali si situa il contatto oculare. Il
contatto oculare veicola una serie di emozioni e stati d’animo. Ha
probabile origine nell’infanzia, durante la quale il bambino non perde
d’occhio la madre (e spesso viceversa) nel corso dell’allattamento.
Nel processo di vendita, il contatto oculare è importante per vari
aspetti: regola la conversazione, dimostra interesse e coinvolgimento, e
stabilisce una sorta di legame con il cliente. La sua assenza spesso è
presa come un atto di rudezza, scarsa attenzione o addirittura
autocolpevolezza. Pertanto, almeno in Occidente, è raccomandato un buon
contatto oculare per almeno i 2/3 del tempo trascorso con il cliente. Un
buon contatto oculare, durante un dialogo a due, si instaura evitando di
fissare attentamente l’interlocutore solamente nelle pupille, bensì
guardando genericamente un punto sopra la radice del naso, e alternando
con occhiate sul viso e direttamente negli occhi. Per venditori che
abbiano a che fare con clientela femminile, assolutamente da evitare
occhiate dirette (anche se sporadiche e brevi) dirette ad altre parti
anatomiche che non siano il viso.
Il contatto oculare, comunque, assume connotazioni diverse a seconda
della cultura nella quale ci si trova ad agire. Certe culture asiatiche,
per esempio, considerano un contatto oculare prolungato come un atto che
esprime sfida e competizione; nelle popolazioni musulmane, il contatto
oculare diretto e prolungato tra uomo e donna va evitato, ed alcune
popolazioni africane (in particolare in Nigeria) tendono ad evitarlo del
tutto.
Ritornando alle espressioni facciali, nell’ambito della vendita possiamo
fare riferimento alle emozioni o stati d’animo più frequenti che vengono
provati sia dal venditore che dal cliente.
1. Attenzione, concentrazione: questo è lo stato d’animo che è
massimamente conveniente far provare al cliente. Si realizza quando il
cliente è concentrato su alcuni aspetti dell’ambiente (segnatamente, ciò
che il venditore sta dicendo o facendo) ignorandone contemporaneamente
molti altri. E’ un’emozione estremamente facilitante il successo nella
vendita, in quanto apre un canale di comunicazione che permette al
venditore di veicolare al massimo il proprio messaggio. Si ottiene con
una relazione basata sulla credibilità e la fiducia, mantenendo un buon
contatto oculare ed utilizzando la tecnica delle domande, in modo da
rendere interattivo il dialogo.
2. Disprezzo: è un’emozione che deriva dal ritenere qualcosa o qualcuno
di livello inferiore (al proprio) e pertanto valutandolo poco. In forme
attenuate, a volte alberga nella mente di talune persone: venditori che
ritengono che il loro cliente non sia (per cultura, professionalità,
condizioni economiche, stile di vita) adeguato a loro, e viceversa.
Ovviamente è uno stato d’animo molto depotenziante per una trattativa di
vendita, e si combatte con le armi dell’autorevolezza e della
credibilità (per farsi apprezzare) e focalizzandosi sugli aspetti
positivi dell’interlocutore (per evitare di disprezzarlo).
3. Frustrazione: è uno stato d’animo che viene provato quando c’è la
percezione di non riuscire ad arrivare alle proprie mete. Più la meta
mancata è importante, più il livello di frustrazione è elevato. Le cause
di tale stato d’animo possono essere esogene o endogene. Le cause
endogene sono promosse soprattutto da autopercezioni di mancanza di
adeguatezza. E’ abbastanza tipica dei venditori che, per un certo
periodo di tempo, non ottengono ordini, oppure sono pressati dalla
propria azienda su obiettivi poco realistici. A volte insorge anche nel
cliente, che non si sente ascoltato e compreso da un venditore che parla
troppo, e si interessa più a sè stesso che ad ascoltare i bisogni del
cliente stesso. Tra le cause endogene, in qualche caso hanno un ruolo
anche i conflitti tra obiettivi (tipici dei venditori plurimandato, con
obiettivi divergenti assegnati da due aziende mandanti). Le cause
esogene spesso derivano da condizioni, inamovibili dall’individuo
frustrato, che non gli permettono il raggiungimento delle mete
prefissate. Che fare se ci si sente frustrati? Per i venditori, evitare
di generalizzare e di entrare in circoli viziosi (i clienti non ordinano
più, quindi comincio ad essere inadeguato...) focalizzandosi invece sul
modo di aggirare l’ostacolo (siccome i clienti sono sempre più esigenti,
cosa debbo fare per facilitare gli ordini?).
4. Felicità: la provano quie clienti che riescono, magari tramite
l’abilità del venditore, a risolvere un serio problema; la provano anche
i venditori, in presenza di un successo. E’ di fatto uno stato d’animo
caratterizzato da contentezza, piacere, soddisfazione, gioia.
Tralasciando le definizioni filosofiche, economiche, religiose della
felicità, qui mi accontento di dire che sorge quando l’individuo ha
percezioni positive di sè, dello scenario nel quale è immerso e anche
relativamente al proprio futuro. Le tipiche espressioni facciali sono
legate al sorriso, e coinvolgono soprattutto i muscoli della bocca e
degli occhi. Da provare e far provare il più spesso possibile. Come?
Supportando il cliente al massimo (come dicono gli anglofoni, percorrere
l'“extra mile”) e godendo profondamente dei propri successi, che sono
una conseguenza del lavorare bene col cliente. La felicità è contagiosa:
il venditore felice, a parità di scenario, instaura relazioni mediamente
più proficue con i propri clienti e di solito vende di più (in quantità)
e meglio (in profitto).
5. Tristezza: è spesso una di quelle emozioni poco correlate col lavoro,
a meno che derivi da continui e gravi insuccessi professionali. La
relativa espressione facciale si sostanzia in uno sguardo spento,
posizione della bocca con gli estremi rivolti in basso, postura generale
curvata in avanti, camminata fiacca. E’ un’emozione, ahimè, contagiosa,
e pertanto fortemente depotenziante. Il venditore endemicamente triste
porta, dopo un pò di incontri, il proprio cliente ad associare la
propria presenza con un senso diffuso, ancorchè difficilmente
delineabile, di malessere. Ovvio che ciò vada a forte detrimento delle
vendite. Che fare? Occorre cambiare stato d’animo prima di entrare dal
cliente. Il come fare è un pò complesso per trattarlo in poche righe,
come l’articolo richiederebbe. Occorre agire sul proprio focus mentale,
sulla propria fisiologia, sulle proprie convinzioni. Per sapere come
fare, puoi leggere il mio libro “Cambia, adesso!”, Seneca Edizioni, che
esplora a fondo queste metodologie.
6. Sorpresa: di solito si verifica quando la persona è esposta ad un
evento inaspettato. Può avere una valenza neutra, negativa o positiva.
In termini di espressioni facciali, vengono sollevate le sopracciglia,
viene aggrottata l’epidermide della fronte (che evidenzia alcune rughe
profonde) si spalancano gli occhi (esponendo completamente alla vista la
pupilla, e spesso una parte di sclera), talvolta si apre la bocca e si
emette un vocalizzo, appunto, di sorpresa. Questa emozione, e la
corrispondente espressione facciale, può durare anche solo un attimo, ed
essere poi seguita da emozioni come la paura, lo smarrimento, la gioia.
Ovvio che le sorprese neutre e negative non aiutano la vendita, che è
invece agevolata da quelle positive. Ebbene, perchè non pensi a qualcosa
che possa stupire positivamente i tuoi clienti? Potresti riceverne
notevoli benefici, in termini di fatturati e relazioni. Certamente oggi,
con i margini in calo, i costi in aumento, la crisi che preme, le
aziende in difficoltà, avere qualche asso supplementare nella manica è
sicuramente difficile. Se sei d’accordo che le sorprese positive aiutino
la vendita, poniti questa domanda: “Cosa posso fare per sorprendere
positivamente il cliente?”. Fai tacere la parte di te che ti risponderà:
“niente!”, e continua a porti la domanda. Quasi certamente, alla fine,
ti arriveranno le giuste risposte.
7. Noia: è un’emozione originata da scarso interesse per ciò che sta
accadendo, con conseguente mancanza di energia, ed è un killer per la
vendita. L’espressione facciale corrispondente è di solito
caratterizzata da palpebre leggermente abbassate su uno sguardo spento,
generale rilassatezza dei muscoli facciali, silenziosità. Come
combatterla, se dovesse insorgere nel cliente? Il primo antidoto è
evitare di parlare a raffica: se parli solo tu, senza dare spazio al
cliente, prima o poi quest’ultimo finirà per annoiarsi. Pertanto, usa la
tecnica delle domande. Se desideri approfondirla, puoi dare un’occhiata
al libro “Le parole segrete della vendita” che ne propone un modello
estremamente efficace e di utilizzo immediato. Il secondo antidoto è
rappresentato da una presentazione del prodotto personalizzata sulle
esigenze del cliente. Evita le presentazioni standard, uguali per tutti.
Una presentazione efficace va preceduta da una analisi dei bisogni
specifici di quel cliente, e poi focalizzata su di essi. Così facendo,
la renderai molto più interessante. Questa dovrebbe essere una tecnica
piuttosto diffusa, quindi probabilmente la conosci già. In caso
contrario, potresti consultare il testo di cui sopra, che propone anche
una scheda guidata della presentazione efficace, e fornisce molti
esempi. Oppure puoi dare un’occhata alla pagina delle recensioni
librarie del sito www.turboformazionevendita.com. Oppure ancora, fare un
salto in una libreria fornita. Infine, utilizza un linguaggio
paraverbale e non verbale vivace e brillante.
8. Interesse: è l’emozione principe da elicitare nel cliente.
L’attenzione, vista al punto 1, ne è una conseguenza. E’ un importante
fattore motivazionale, ed in presenza dell’eccitamento, conduce
all’attivazione ed all’azione. La corrispondente espressione facciale
evidenzia palpebre ben sollevate, contatto oculare continuo, spesso
compare un lieve sorriso, tratti solitamente piuttosto distesi, fissità,
immobilità. Nel processo di vendita, l’interesse è fatto nascere da una
buona relazione tra gli interlocutori, empatia e gradevolezza del
venditore, corretta analisi dei bisogni ed efficace presentazione del
prodotto / servizio. In particolari circostanze, per sollevare un
interesse che langue, si può ricorrere alla cosiddetta “domanda
negativa” che è cosa diversa dal corrispondente termine usato nel
marketing. Si tratta di porre, al cliente, una domanda che lo spiazzi
(sia pur con tatto e delicatezza) e che lo defocalizzi al volo da uno
stato d’animo controproducente per l’acquisto (noia, disinteresse),
contemporaneamente mentalizzandolo su qualcosa di facilitante per
l’acquisto stesso. Per approfondire ed ottenerne un elenco, applicabile
in ogni settore merceologico, potresti consultare “Le parole segrete
della vendita”, Seneca Edizioni.
Come emerge da queste pagine, l’abilità di “leggere” le emozioni del
cliente, dipinte sui loro volti, è importante per assicurarsi il
successo di vendita.
Il MIT (Massacchusetts Institute of Technology, il
polo d’eccellenza universitaria più noto, in ambito
ricerca scientifica) sta sperimentando un sensore
che possa leggere le espressioni del viso, e fornire
indicazioni al riguardo. In attesa di un simile
ausilio, noi venditori dobbiamo arrangiarci con la
nostra esperienza, magari consolidata attraverso
qualche valido corso formazione tecniche di vendita evolute.
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